Casa del Mantegna
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Paolo Cavinato 
Eterotopie

2 febbraio 2002 - 24 febbraio 2002


INSTALLAZIONI, 
VIDEO, 
COSTRUZIONI, 
FOTOGRAFIE.



La ricerca estetica di Paolo Cavinato può essere considerata una fenomenologia dello spazio: i suoi lavori si muovono, infatti, sulla soglia di un’eterogeneità che unisce/divide spazio interno e spazio esterno. Gli ambienti creati o riprodotti dall’immagine video e dalle fotografie acquisiscono le caratteristiche di un’eterotopia, ovvero di un luogo fisico che ha la proprietà di essere connesso a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospenderne o invertirne i rapporti. Così gli spazi vuoti dai colori lividi e cupi, oppure le scatole ottiche sembrano creare uno spazio illusorio che denuncia come ancora più illusorio l’intero spazio reale, tutti gli spazi in cui la vita dell’individuo è suddivisa in compartimenti. Lo spettatore che si pone di fronte a queste opere vive una sorta di rottura col proprio tempo tradizionale e le immagini esprimono tutta la forza di una dimensione metafisica che scaturisce dal minimalismo degli ambienti. Paolo Cavinato, attraverso la varietà delle tecniche adottate, realizza spazi sinestetici saturi di desideri, umori e rumori, spazi in cui si incontrano immagini reali, immagini mentali e proiezioni emotive.
Tuttavia la sua poetica dello spazio non vuole rendere un senso d’intimità protetta. Il modello della casa, in cui sotto l’influsso calmo ma costante delle gocce d’acqua ogni elemento si trasforma, rimanda a visioni oniriche in cui la geometria complessa e l’assoluta trasparenza contribuiscono a creare un luogo intriso d’insidie. Se da un lato non esiste intimità che respinga, in quanto tutti gli spazi d’intimità vengono designati dall’attrazione, nelle stanze e negli ambienti rappresentati questa positività muta in una serie di oggetti e pensieri che rimangono alla deriva in uno spazio costretto. Attraverso la dialettica tra interno ed esterno, Cavinato fonda la propria ricerca sull’esperienza fisico-emozionale e sull’assorbimento di fenomeni che possono emergere da luoghi reali o immaginari, restituendovi la loro profonda problematicità.
Dalla rappresentazione delle stanze assolutamente spoglie dal sapore kafkiano, alle porte che lasciano trasparire ombre angoscianti, agli specchi simbolo lacaniano della creazione della propria soggettività e identificazione, tutto partecipa alla creazione di non-luoghi la cui caratteristica predominante è l’a-storicità. 

La mancanza di elementi caratterizzanti un profilo culturale o sociologico, mettono in evidenza come di fronte alla sofferenza, o più drasticamente alla morte, non vi sia che l’uomo denudato di ogni maschera illusoria. La ricerca di Paolo Cavinato, quindi, muove da una riflessione sull’essere situato del gesto estetico, e insieme dalla consapevolezza che esso sia contemporaneamente situante, ovvero che crei o faccia emergere dall’immaginario personale icone di luoghi inconsci che da sempre si frequentano ma in maniera quasi onirica, una sorta d’indagine sugli elementi primordiali del suo stesso guardare artistico.
(Recensione di Pierluigi Ercole)

Paolo Cavinato è stato storico scenografo alla Scala di Milano

 


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